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UN CALCIO AL SUPERSANTOS – Cristiano Lucarelli e l’amore per una maglia

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Ci sono giocatori che si fanno la ferrari o lo yacht. Ecco, io con questi soldi mi ci sono comprato la maglia del Livorno. Tutto lì”.

Ecco chi è Cristiano Lucarelli. Basta una frase, una sua semplice affermazione per capire il tipo di personaggio.

Autentico bomber con un fiuto del gol pazzesco, nonché mito nella sua Livorno. Il calciatore toscano ha appeso le scarpe al chiodo ormai da qualche anno (diventato poi allenatore).

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Cristiano ha militato in tante squadre: Valencia, Shakhtar, Parma, Torino, Napoli ma, soprattutto, Livorno. Il suo arrivo in campo palesava l’amore intrinseco per i suoi colori. Da piccolo era già un assiduo frequentatore dei gradoni del vecchio stadio Armando Picchi.

Sicuramente, Lucarelli ha avuto questo grande approccio per la sua militanza comunista, qualcosa di molto importante in una città come Livorno, luogo in cui venne fondato proprio il Partito Comunista Italiano nel 1921.

Come buona parte dei suoi concittadini, non ha mai nascosto le sue preferenze politiche. Qualcosa che nel mondo del calcio professionistico può portare, però, anche a diversi contrasti.

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Nel suo caso galeotto fu un gol segnato con la nazionale italiana Under 21, contro la Moldavia nel 1997: preso dalla passione, iniziò a correre fino a cartelloni pubblicitari. Saltò su questi e si tolse la maglia: sotto indossava un’altra maglia con l’immagine di Che Guevara e la scritta ‘Il Livorno è una fede’.

 Gesto, questo, che gli costò la squalifica da parte della Federazione Italiana, che fu accolta con del sano menefreghismo dal calciatore.

Sappiamo bene come nel mondo del calcio sia complicato trovare dei liberi pensatori, che inseguano i propri sogni e obiettivi, che rinuncino ad una più prestigiosa carriera per l’amore che nutrono per i propri colori, per una città, per una maglia, per una curva.

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Ma per Lucarelli ciò è sempre venuto prima di tutto, prima anche dei soldi, i cosiddetti ‘money’ di cui parlavamo tempo fa, riferendoci ai professionisti di oggi. La maglia amaranto per Cristiano era puro amore e questo gli bastava e gli bastò anche per rifiutare il famoso miliardo, ma poi ci torneremo.

In ogni caso, prima di poter tornare a casa, Cristiano, così come Ulisse, dovette viaggiare, e tanto; fare e disfare valigie. Girare l’Italia, andare all’estero (prima in Spagna, poi in Ucraina). Sostanzialmente è stato questo il destino di Lucarelli, bomber vagabondo.

Cristiano partì dalle categorie minori: Perugia, Cosenza, Padova in serie B, prima di poter ottenere la prima chance nella massima serie, precisamente nell’Atalanta.

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Fin qui, sembra una delle tante storie di bomber destinati a girovagare per il mondo per fare il loro mestiere: bucare i portieri avversari e depositare palloni in rete. Ma nel destino di Cristiano Lucarelli, oltre ai gol, tanti, c’è anche una storia d’amore. Una vera e propria storia d’amore con una maglia, con una città. Ovviamente, come detto, Livorno.

Dopo l’avventura in Spagna, arrivò il Lecce, ennesima piazza calda, dove l’ “amore” è di casa. Successivamente Torino, sponda granata ed altri 2 anni di Serie A. Due anni non proprio felici, dove Cristiano riuscì a realizzare soltanto 10 reti, una vera miseria per un ‘killer’ come lui.

Uno di quei 10 gol è rimasto impresso nella sua memoria e in quella dei tifosi del Toro: uno dei 3 gol che i granata segnarono alla Juventus nel derby della Mole del 2001, quello della rimonta da 0-3.

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La carriera di bomber Lucarelli sembrava destinata a continuare così, come una variabile impazzita; fino a quando, però, questa pazzia, d’un tratto, si bloccò e il senso della nostra storia è tutto qui, in questo attimo, in quella estate.

L’ESTATE DEL 2003

Il Torino fu retrocesso in serie B, a causa di un campionato senza dignità, all’ultimo posto per l’intera stagione. Ed ecco allora presentarsi alla porta di Lucarelli l’amore della sua vita: il suo Livorno, che aveva appena giocato il suo primo campionato di Serie B dopo più di 3 decenni nell’inferno della Serie C.

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Cristiano aveva vissuto molto da vicino quella importante cavalcata degli amaranto verso la B. Bastava un piccolo infortunio, una squalifica, un anticipo, che Lucarelli prendeva sciarpa e macchina e viaggiava verso Livorno, per andare in curva, nella sua curva.

Memorabile fu il 12 maggio del 2002, quando, con un Torino già salvo, Cristiano decise di partire con i suoi fratelli di tifo per Treviso, dove il Livorno avrebbe giocato. Fu quella la trasferta che riconsegnò la serie B al Livorno.

Lucarelli impazzì di gioia, insieme alla sua gente. Entrò nel terreno di gioco, commettendo sostanzialmente un illecito, semplicemente perché lui era lì da tifoso, vero e proprio ultras degli amaranto.

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Forse fu proprio quella la sera in cui Cristiano Lucarelli decise: se non oggi, domani, ma indosserà la maglia del Livorno, costi quel che costi.

Saranno state le coincidenze favorevoli, sarà stato il richiamo forte di casa, sarà stato che al cuore non si comanda, ma in quell’estate del 2003, Cristiano Lucarelli si mise in testa una cosa: aveva aspettato fin troppo per tornare tra i suoi fratelli.

Era arrivato il tempo di coronare quel matrimonio con la sua squadra, con la sua gente, con la sua maglia. In quell’estate del 2003 Cristiano Lucarelli mandò tutto al diavolo, andò dal patron Cimminelli: era deciso, voleva andare al Livorno, costi quel che costi.

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Era disposto a tutto, anche a stracciare il contratto che lo legava al Torino per altri 2 anni per la modica cifra di quattro milioni di euro.

Fu un’estate complicata, perché rinunciare a dei soldi è sempre complesso, soprattutto in una carriera come quella calcistica e soprattutto quando lo fai per degli ideali e dei valori, oltre che per il cuore.

E’ un lavoro, tu sei un professionista!”. Cosi gli dicevano. Ma Cristiano, che in campo, come nella vita, era caparbio, deciso, si era messo in testa che Livorno era casa sua e doveva tornare a casa. E ci riuscì.

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Dopo una trattativa complessa, quasi saltata, Cristiano coronò il suo sogno, anche se solo in prestito, ottenne finalmente la maglia amaranto.

Ho scelto Livorno perché è la mia città e con questo ho realizzato un sogno che avevo fin da piccolo: giocare nella squadra di calcio della mia città, giocare all’Ardenza”.

La maglia della sua vita e del suo cuore, il numero 99 sulle spalle, un fratello era tornato a casa.

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Con Walter Mazzarri in panchina, Lucarelli andò ad abbracciare Igor Protti. I due bomber, insieme, erano inarrestabili. Per la serie B  un lusso.

Cinquantadue gol in due, 29 dei quali li firma Cristiano.

Cinquantadue gol che spinsero il Livorno in serie A. Non ci si credeva, la storia era stata scritta. La massima serie conquistata, e per Livorno fu come un orgasmo. Quell’orgasmo che Cristiano simulò con la sua maglia, dopo essersela tolta, dopo il gol del 3-0 al Piacenza.

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Serie A, dunque. A Livorno, all’Ardenza, fu un sogno, semplicemente un sogno. E Cristiano era la persona più felice del mondo. Aveva contribuito a scrivere la storia della sua città, della sua gente. E da Livorno non aveva più intenzione di muoversi, ora che la sua squadra del cuore era tornata in serie A.

Esisteva, però, un problema. Occorreva convincere il Torino a mollare il cartellino al Livorno, al presidente Spinelli e al suo inseparabile impermeabile giallo. Sarebbe bastato un milione e mezzo di euro per portare Cristiano a Livorno, per sempre.

Ma l’accordo con il Torino proprio non si trovava. Lucarelli, un anno dopo, si ritrovò di nuovo nelle stesse condizioni. “Se non posso restare a Livorno, smetto.” Assurdo.

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Non poteva finire così. E infatti la storia ci racconta di fantastiche emozioni. Non smetterà, anzi. Il Torino e il Livorno si accordarono, sarà serie A, sarà storia.

A partire da quel meraviglioso esordio a San Siro, in casa del nemico Berlusconi, tutti con le bandane. Alla Scala del calcio, dove l’emozione è più forte. Cristiano timbrò due volte il cartellino, finì 2-2, e sarà solamente il preludio a una stagione straordinaria, conclusasi con il Livorno al nono posto.

 E con il titolo di capocannoniere. 24 reti in 33 partite. Un toro scatenato, un instancabile motorino sempre pronto a dare il 101% per la maglia. Per la propria maglia.

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Da allora, Livorno e Lucarelli saranno un’unica entità. Gol, tantissimi, stupendi e pesanti; fino al 2007, quando decise di volare in Ucraina, precisamente allo Shakthar.

Quell’avventura, però, non sarebbe durata, perché lì, di casa, c’era davvero poco.

Nuova avventura in Italia, al Parma e poi.. cosa lo diciamo a fare? Nuovamente Livorno.

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Per l’ultimo ballo, l’Ardenza chiamò ancora e Cristiano, innamorato come sempre, rispose presente.

Il primo amore rimane sempre quello più bello, indimenticabile, pieno di emozioni e sensazioni.

Cristiano dice basta con il calcio giocato a 36 anni, dopo una piccola, ma importante, parentesi al Napoli, ancora con Mazzarri.

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Lucarelli lontano da Livorno non riesce ed essere quello che realmente è; senza Livorno sembra tutto più brutto. Senza Livorno il calcio è lavoro e non amore.

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