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ESCLUSIVA #LBDV – Santacroce ‘#ACasaConVlad’: “Quando ero al Napoli mi cercò la Juventus, non ascoltai nemmeno la proposta”

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Pomeriggio ricco di appuntamenti quello di oggi con la nostra trasmissione social ‘#ACasaConVlad’. Primo ospite di giornata è Fabiano Santacroce, difensore della Virtus Verona.

Di seguito proponiamo l’intervista completa:

Come stai passando questo periodo particolare di emergenza? E soprattutto dove sei in questo momento?

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“Io adesso sto a Napoli, dove vive la mia famiglia. Dopo quaranta giorni in cui sono stato ‘bloccato’ a Verona, sono riuscito a scendere e a stare con mia moglie e le mie figlie. Sfrutto questo periodo anche per stare con loro, visto che a causa del mio lavoro non riesco a vederle sempre”.

La tua carriera inizia a Como nel 2004. Che esordio è stato e che impatto hai avuto con quella realtà?

“Ho avuto un impatto bello tosto. Il Como era nel mezzo delle varie vicissitudini societarie ed è stato un anno non semplice sotto questo punto di vista. E’ stato bello perché ho giocato in una Serie C che era forte, e ciò lo ricordo con estremo piacere”.

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Passi al Brescia dove inizi con Maran che ti fa vedere poco il campo. Poi arriva Zeman che ti fa giocare: cosa ci puoi dire del boemo, che ha un modo particolare di giocare con le difese?

“Sotto questo punto di vista è migliorato molto sentendo alcuni amici. In allenamento provavamo spesso le situazione di uno contro uno, e questo si verificava sempre in partita. Eravamo sicuramente preparati fisicamente perché la preparazione sua era forte e mirata, ma posso dire che c’erano calciatori che si fermavano e che non ce la facevano più. Facevi degli esercizi che ti sfiancavano fisicamente. Arrivò a Brescia perché Corioni voleva vincere. Era una squadra formata da tanti giocatori esperti, e molti non accettavano le sue metodologie di lavoro. Per un periodo ci fece fare una settimana di fila con le partitelle negli allenamenti da 90 minuti. C’era un’intensità enorme in ciò che lui chiedeva”.

Da Zeman a Cosmi, due modi di strutturare la difesa in maniera differente: che differenze ci sono in tal senso?

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“Con Cosmi c’è stato un grosso cambio a livello tattico, ma c’è da dire che l’avere Zeman prima ci ha dato più preparazione fisica. In quel periodo ci ha ammazzato, però dopo tutto sembrava una passeggiata. Con Cosmi abbiamo fatto bene e potevamo giocarci i playoff se si fossero giocati, ma in quell’anno salirono direttamente la Juventus, il Napoli ed il Genoa”.

La Serie B è un campionato che negli anni si è involuto, non trovi?

“Il tutto è cambiato anche a livello monetario. Non ci sono molti soldi in B e quindi spesso il calciatore preferisce rimanere in A e guadagnare di più”.

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Fai ancora un’altra mezza stagione col Brescia, poi si presenta l’opportunità Napoli, raggiungendo Hamsik e Mannini. Come primo tecnico azzurro incontri Reja con cui l’impatto è stato subito positivo.

“Reja è un signore, tatticamente ti dava un po’ meno degli altri allenatori ma puntava tanto sul gruppo. Ed è una cosa che ti ritrovi sul campo. E’ stato un bel periodo quello e ci siamo divertiti un sacco”.

Com’era giocare con Lavezzi?

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“E’ il numero uno ed è un calciatore che poteva fare molto di più di quello che ha fatto, seppur ha fatto grandi cose. Aveva capacità uniche, e forse ha pagato un po’ la mancata freddezza sotto porta perchè correva tantissimo in partita”.

C’è una partita che ti ricordi in particolare?

“Mi viene da pensare alle partite contro la Juventus perché a Napoli hanno un sapore particolare. Poi ci sono anche le due partite contro l’Inter, la prima in cui vincemmo 1-0 con gol di Zalayeta e l’altra che ci diede la matematica certezza della Champions”.

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Su Zalayeta:

“Aveva tutto. Lui ha avuto tanti problemi fisici e quando è stato a Napoli ha avuto tanti problemi al ginocchio. Era tatticamente e tecnicamente avanti, aveva un tiro pazzesco e riusciva a vedere tutto d’anticipo. In allenamento non sono mai riuscito a fargli un anticipo”.

Su Cavani:

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“Edi è la professionalità fatta persona. Ricordo che ai test fisici di inizio anno fu l’unico a riuscire a fare un esercizio che ti uccideva. Ha una capacità di corsa che poi l’ha fatto diventare fortissimo. Non ha quel colpo magico, però è super concreto. Ogni allenamento era una partita di Champions per lui. E’ stato anche molto fortunato perché il primo anno a Napoli non avrebbe mai giocato da prima punta, visto che Mazzarri lo stava provando come quinto di centrocampo. Successe che nella vigilia di Elfsborg-Napoli il mister ci comunicò che Quagliarella non avrebbe giocato, nonostante fosse designato titolare. Venne ceduto alla Juventus per la situazione che tutti oggi conosciamo. Mazzarri non aveva alternative, e chiese a Cavani se fosse pronto a giocare da prima punta. Da lì è partito e si è trasformato in quello che è adesso. Ovviamente va sempre cercato questo colpo di fortuna, perché se non si fosse meritata questa opportunità in allenamento probabilmente non sarebbe stato neanche considerato”.

Eravate a conoscenza della situazione relativa a Quagliarella?

“Noi non sapevamo nulla ed è stato un fulmine a ciel sereno la cessione. Fabio è una persona straordinaria e poi sono riuscito a capire i gol belli che fa: lui tirava da ovunque, anche negli allenamenti. Era una grande persona e quando ci dissero che sarebbe stato venduto non ci credevo”.

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Il Napoli di questa stagione ha sofferto una certa mancanza di carisma nello spogliatoio. Il fatto che Hamsik sia andato via, ha influito a riguardo?

“Diciamo che l’errore fondamentale, secondo me, è stato la perdita di Albiol. Uno come lui è cruciale nei sistemi difensivi ed è stata una scelta che non ho capito. Hanno cercato di mettere su una tattica più offensiva ma bisogna avere sempre una difesa equilibrata. Era uno che dava le giuste indicazioni e lo stesso Koulibaly, se è supportato tatticamente, è il migliore al mondo. Per come me lo ricordo, Marek è uno buono e difficilmente credo che lo spogliatoio ne abbia risentito così tanto. Un altro importante per me era Reina: dava una sicurezza al reparto incredibile. E’ capitato nel mio Napoli anche col passaggio da Iezzo a Navarro: con l’argentino si sentiva che non c’era la fiducia. Quando c’era Iezzo era diverso perché ci conoscevamo bene. Ci sono tantissime dinamiche nel calcio di cui tenere conto perché questo è uno sport facile quanto difficile. La difficoltà nel giocare ad alti livelli è la velocità di pensiero, in una frazione di secondo devi prendere delle decisioni”.

E’ arrivato un momento in cui ti avrebbe cercato anche la Juventus: ce lo confermi?

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“Sì, era il secondo anno di Napoli. Il procuratore mi chiamò e mi informò del fatto che la Juventus voleva parlarmi. Io dissi che non mi sarei mai seduto a tavola: mi sono legato fin da subito con la città e mai sarei andato lì”.

Stiamo assistendo alle voci su Milik secondo le quali avrebbe un accordo con i bianconeri. Nella testa di un calciatore cosa scatta per arrivare a fare una scelta del genere?

“Deve essere frustato e non stare più bene nell’ambiente in cui si trova. Milik è un calciatore ‘strano’, non mi piace il suo modo di giocare però le sue statistiche sono dalla sua parte. Ha avuto anche due stagioni da fermo e fossi in lui farei un altro tipo di scelta per giocare con continuità. Dopo un infortunio devi riprendere soltanto giocando, e questo, mio malgrado, lo so bene”.

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L’ultimo anno di Napoli fai poche presenze: c’erano stati un po’ di problemi con Mazzarri?

“Lui è uno che ovunque è andato ha fatto giocare sempre 13-14 persone. Io ero arrivato ad un punto in cui facevo gli allenamenti e mi metteva a centrocampo per sostituire un titolare. Facendo così non riuscivo nemmeno ad allenarmi bene”.

Tanti i tuoi infortuni nella tua carriera: quanto è difficile venire a capo, più volte, da una situazione del genere?

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“E’ difficile perché quando ti infortuni in quel modo perdi tantissimo dal punto di vista del tono muscolare. E io nell’arco di quattro anni ho avuto cinque infortuni. Il più duro è stato il primo perché non sapevo come affrontarlo. E’ dura psicologicamente affrontare quest’ostacolo perché vedi gli altri giocare, e fa male. Non mi hanno mai ritenuto tra i più forti, però io non mollavo mai. Io sono uno che è arrivato molto tardi nelle giovanili delle grandi squadre, la tecnica non la conoscevo ma ho lavorato tanto per arrivare ai livelli di oggi”.

Prima degli infortuni, eri entrato anche nel giro della Nazionale.

“Avevo impattato bene con la Serie A. Alzandosi il livello degli attaccanti, aumentava la concentrazione. Nella mia testa entra mentalmente una sorta di sfida: io non voglio perdere nemmeno nelle partite a carte con mio fratello (ride, ndr.). Il primo infortunio è arrivato subito dopo la convocazione della Nazionale. Non giocai, e non rientrai nei convocati della seconda sosta. Ma quella volta mi chiamò il CT Lippi, dicendomi che mi avrebbe inserito nella terza sosta. Io ero felicissimo: già solo la sua telefonata fu una grande soddisfazione”.

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Hai qualche attaccante che ti ha dato particolarmente filo da torcere rispetto agli altri?

“Solitamente erano quelli più veloci che davano problemi. Negli anni miei c’era l’Udinese delle frecce in attacco: non gli stavi dietro, erano pazzeschi. Ma quello che mi ha dato più difficoltà è stato Crespo, era furbo. La cosa più bella di giocare contro questi calciatori è la furbizia che hanno. Ricordo anche di quando marcai Del Piero. In quella partita dovevo marcarlo sui calci d’angolo, ed io non lo toccavo quasi solo per il rispetto. Prima che partisse, mi si avvicina e mi dà una gomitata sulla bocca dello stomaco, smarcandosi. E da lì ho capito che non dovevo avere pietà di nessuno (ride, ndr.)”.

Rientri nello scambio con Dzemaili e vai a Parma. Non hai giocato molto con Donadoni, forse un po’ gli infortuni ti hanno condizionato?

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“Si, ne ho avuti anche lì. L’errore di base fu che non mi fermarono subito quando avvertivo il fastidio. Già in ritiro ne avevo, e lo facevo notare a tutti: sentivo delle fitte per cui dovevo star fermo anche alcuni minuti, però nessuno ha mai dato tanto peso. In una delle partite in cui ho giocato, ovvero quella contro l’Inter, stetti in campo sopportando il dolore. E così la situazione continuò a peggiorare”.

Che rapporto hai avuto con la società del Napoli?

“Mi proposero il rinnovo: io volevo firmare subito, ma il mio procuratore mi disse di arrivare a scadenza. L’anno dopo arrivò un’altra proposta, e le cose andarono nello stesso modo dell’anno prima. Successe che Pierpaolo Marino andò via ed arrivò Bigon, che non sapeva di tutta la situazione e sotto un certo punto di vista non mi ha trattato benissimo”.

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Su Marino:

“Uno degli scopritori più forti del nostro calcio. Ha spolverato tanti talenti e aveva un gran fiuto”.

A Padova la stagione non andò benissimo, nonostante le buone premesse.

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“Anche qui ci sarebbero molti aneddoti da dire, ma che non posso rivelare. Avevo discusso un po’ con loro. Non sono uno che discute tanto però sono uno genuino e non mi faccio problemi a dire le cose come stanno. Si venne a creare una situazione molto complessa che vide coinvolti molte figure. È stato un peccato perché è una piazza che merita tanto. Eravamo forti sulla carta ma le cose non andarono come sperato”.

Dopo il fallimento del Parma, ti accasi alla Ternana.

“Anche qui ci sarebbe parecchio da dire. Sono andato lì in una situazione non ottimale: molti giocarono sporco e sono entrato in mezzo a situazioni che non mi riguardavano. Mi hanno spiegato soltanto dopo cosa fosse successo. Purtroppo il mondo del calcio è fatto di tante cose. L’anno di Terni mentalmente mi ha fermato: vedendo che non giocavo mai senza motivo avevo deciso di smettere perché non mi divertivo. Io non gioco per i soldi, ma gioco perché mi diverto. Avevo perso molti stimoli”.

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Però, hai continuato a giocare nonostante tutto.

“Sono rimasto fermo allenandomi con la Juve Stabia, con cui poi ho giocato per tre mesi. Decisi di smettere per stare con le mie figlie. Dopo di che sono andato al Cuneo dove ho trovato un’altra situazione pazzesca“.

Tante sono le società minori che hanno mille complicazioni sul piano economico, tant’è che sono tante le situazioni complicate a cui assistiamo ogni anno. C’è bisogno di una rifondazione nel mondo delle serie minori?

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“Hanno messo magari anche delle regole giuste, ma forse non sono sempre rispettate. A Cuneo ad inizio anno le cose erano ok, poi a gennaio si sono accorti che le fideiussioni non erano valide. Lì si è arrivati al punto in cui davo io i soldi ai magazzinieri e agli altri dipendenti perché fortunatamente ho avuto un passato in cui ho potuto pagare qualcosa di importante. Dovrebbero fare come in Inghilterra, dove tutti pagano tutto e subito alle federazioni. Che senso ha far iscrivere una squadra senza che ci siano certezze al riguardo?”

Questo stop potrebbe favorire questo ‘processo’?

“Purtroppo dubito di questo perché è difficile controllare queste persone che spariscono da un momento all’altro. Questi personaggi creano una mobilitazione che probabilmente fa comodo a tanti”.

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Adesso sei a Verona e giochi nel terzo club della città, la Virtus. Che realtà è?

Potrei scrivere un libro in nemmeno un anno che sono lì (ride, ndr.). E’ difficile trovare una situazione del genere, è un gruppo fantastico. Avevo intenzione di fare un anno tranquillo perché gli ultimi anni mi hanno succhiato l’anima”.

Che possibilità ci sono di riprendere i campionati, a tuo avviso?

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“Sarà molto dura. Io penso che valuteranno gli effetti di un eventuale stop. Sarà complicato riuscire a capire cosa fare”.

Sul suo futuro:

“Allenare non penso che faccia per me, nonostante mi piace insegnare ai giovani. Ho iniziato a Napoli già qualcosa per loro, ovvero una sorta di attività di procuratore però fatta in maniera giusta. Qui c’è un bacino tra i più forti d’Italia, ma molti si perdono per l’incapacità di alcuni addetti ai lavori o per altre dinamiche. Guardo i loro allenamenti, le loro partite in modo da poter valutare insieme cosa fare per migliorare. E poi guardare la vita fuori dal campo è fondamentale, anche per la crescita umana del ragazzo”.

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Su Criscito:

“Ho giocato con lui in Under 21. Durante una partita litigai con un avversario e venni espulso. Ancora oggi lui me lo rinfaccia (ride, ndr.)”.

Su Biabiany:

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“Non ho mai visto un calciatore veloce come lui. Ha delle qualità pazzesche che sono commisurate alle sue qualità umane”.

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