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Buon compleanno Patrice Evra, anche se non l’hai spazzata
Esperienza personale, perché non saprei da dove altro partire: alzi la mano chi tra noi è stato immune, durante gli anni delle elementari, da un nomignolo, un soprannome, spesso ovviamente poco simpatico, affibbiato da ben meno simpatici compagni di classe. Che poi con gli anni tendono a svanire, tranne nei film americani, quando due si incontrano dopo trent’anni e magari uno è un broker di Wall Street da un metro e novanta per tre di spalle e deve sentirsi ancora chiamare con quel simpatico appellativo che ricorda vagamente la forma di un fiasco di vino.
Personalmente, certe cose ho preferito dimenticarle. Ma quanto sarà stato difficile per Patrice Evra dimenticarsi di quella serata? Se lo vedessi per strada, di certo non sarebbe la prima cosa che gli chiederei. Ma dopo un paio di birre, forse sì. Perché non l’hai spazzata quella sera, Patrice?
Facile ricordarsi di che storia parlo: correva l’anno 2016, e correva la Juve verso i quarti di finale di Champions League, dominando il match contro il Monaco per 2 a 1. Fino a che, non si sa per quale assurdo scherzo del destino, un pallone finisce tra i piedi di Evra in area di rigore e lo stesso, invece di silurarlo via come il più repellente degli scarafaggi, gli dà una sorta di carezza, favorendo così Vidal e poi l’incornata di Muller e il successivo crollo della squadra di Mister Allegri.
Da allora, non c’è stato tifoso, che a sentire il nome di Patrice Evra non abbia almeno pensato, se non proprio ripetuto ad alta voce e a se stesso, “Spazzala Patrice”.
Ma Evra è davvero quel pallone non spazzato? Facile, no.
Patrice Evra è un signor terzino, passato tra le file dei bianconeri dopo anni di titolarità spesi al Manchester United, una gioventù trascorsa in Sicilia, al Marsala da ragazzino, e poi a Monza, come se il destino volesse già dirgli qualcosa di bello e di italiano del suo futuro. A Manchester, Patrice vince la Champions, quella che purtroppo non riuscirà a vincere con i bianconeri nella finale del 2015 con il Barcellona, e per i quali ha fatto da capro espiatorio per tutte le colpe di quella sfortunata serata di Monaco nell’anno successivo.
A lui poi, come a tanti dei suoi colleghi in un mondo ancora così malato, sono capitate ai tempi dello United parole dalla bassezza inenarrabile da parte di Luis Suarez, quando quest’ultimo ancora militava nel Liverpool. Parole che costarono a Suarez otto giornate di squalifica, ma a cui Evra evitò di rispondere sul momento, ottenendo le scuse ufficiali da parte dei Reds solo dieci anni dopo.
Una rabbia forse sfogata tardi, quando con la maglia dell’Olympique Marsiglia sferrò un calcio ad un tifoso a bordo campo prima ancora dell’inizio della partita: un colpo di testa che gli costò la rescissione del contratto con il club francese. Qualche mese al West Ham, per poi appendere gli scarpini al chiodo.
E cosa farà da grande zio Pat? La risposta l’ha data lui stesso ai canali ufficiali del Manchester United: farà l’allenatore. Cominciando da zero, parole sue. Cominciando dai bambini, per i quali ha scritto anche un libro che sogna di vedere un giorno tra i banchi di scuola. Che poi l’animo da bambino Patrice non l’ha mai perso: qualunque appassionato di calcio presente sui social sa bene quanto l’ex terzino sia un istrione, uno showman, che non sa tirarsi indietro davanti ad ogni occasione che ha di ridere e mostrare la parte più genuinamente esuberante di se stesso.
Zio Pat nutre ancora un amore viscerale per i colori bianconeri: un video su tutti, quello che celebrava l’arrivo di Cristiano Ronaldo dalle parti di Corso Scirea. Uno che Patrice conosce bene tra l’altro, avendo condiviso con lui gli anni di Manchester, e anche qualche cena particolarmente frugale. E poi il ricordo di Max Allegri quando ha lasciato la panchina bianconera, le incitazioni agli ex compagni: insomma, Evra ha lasciato il suo cuore alla Continassa, ed ogni tifoso bianconero ha ancora nel cuore la risata contagiosa di Patrice.
Oggi Evra compie trentanove anni e mi sembra un bel modo per celebrarlo quello di ricordare che noi non siamo ciò che si dice di noi, non siamo i nomignoli che ci restano incollati addosso, Evra non è quella palla non spazzata. È tanto altro, è semplicemente amore per il gioco più bello del mondo.
I love this game, direbbe lui.