Approfondimenti
#LBDV – ADL +71, buon compleanno Presidente
Il 24 maggio di settantuno anni fa nasceva Aurelio De Laurentiis. C’è chi lo conosce da produttore cinematografico per i tanti film realizzati – in particolare i cosiddetti ‘Cinepanettoni’ ; chi, invece, da presidente della S.S.C. Napoli che prelevò dalle ceneri del fallimento nel 2004.
MA CHI E’ AURELIO DE LAURENTIIS?
Figlio di Luigi e nipote di Dino De Laurentiis, fondatori della Filmauro, Aurelio non può esimersi dall’entrare nel mondo cinematografico ereditando il colosso made in Italy creato dai suoi predecessori. Nel 1992 ne diventa il presidente.
Dopo decenni di film e collaborazioni con tanti attori di prestigio, il 6 settembre 2004 decide di tuffarsi nel mondo del calcio acquistando la SSC Napoli di cui ne è da ben 16 anni il presidente. Quasi tre lustri più tardi, precisamente il 31 luglio 2018, decide di ampliare il suo ‘parco’ squadre prelevando l’appena fallito Bari rinominandolo, così come fatto per il Napoli, con la sigla iniziale Società Sportiva Calcio e consegnandolo nelle mani del figlio Luigi.
RE CRESO
Qualcuno è pronto a giurare che il patrimonio personale di Aurelio De Laurentiis si aggiri intorno ai 200 milioni di euro. Un vero e proprio re Creso dei giorni nostri che, secondo la leggenda, fu condannato dagli dei, a causa della sua avarizia, a vedersi mutare in oro tutto ciò che toccava. In realtà si dice che il mito nasca dal fatto che egli visse nel periodo in cui si cominciò a produrre quei pezzi metallici da cui poi nascerà la moneta moderna; ma tali pezzi non avevano alcun valore se non grazie all’uso del sigillo reale (una sorta di marchio che veniva posto sulla ‘moneta’ interessata), il quale dava valore a ciò che, senza il sigillo, sarebbe stato solo un semplice pezzo di metallo. Ed era proprio Creso ad apporvi tale marchio, ‘trasformando’ qualcosa di inutile in qualcosa di scambiabile con l’oro.
Ad ogni modo, il patron azzurro ha davvero trasformato in oro tutto ciò che ha toccato.
A partire dalla casa cinematografica con il sodalizio ADL-fratelli Vanzina; continuando con il calcio e con ciò che oggi rappresenta il Napoli: sedicesimo club d’Europa per coefficiente UEFA, ventesimo nella classifica delle squadre più ricche d’Europa con 207,4 milioni di euro. Oltre ad un marchio, quello del club partenopeo, sempre più in espansione. Una società portata al fallimento dalle precedenti scellerate presidenze, raccolta e riportata ai fasti di un tempo – o forse oltre – da un gruppo che ha avuto ben chiare le idee da perseguire.
Si, perché il Napoli – salvo l’era Maradona – ai livelli attuali non c’è mai stato. I partenopei non sono mai stati così in alto – in termini di marchio e di calcio – in Italia, in Europa, nel Mondo. Una struttura dirigenziale ben definita che ha saputo conciliare, per quelle che erano le sue possibilità, i risultati sportivi ai profitti. Il palmares calcistico vanta, infatti, due Coppe Italia ed una Supercoppa Italiana. Certo, i tifosi si sarebbero aspettati qualcosa in più, magari quello Scudetto che manca ormai da un trentennio. Bisogna essere anche consapevoli, però, che il gap con i Campioni d’Italia da ben 8 anni è stato talmente ampio da non permettere altro di più. Nell’anno in cui gli azzurri sono andati più vicini al tricolore c’è voluto un gioco collaudato, interpreti perfetti per quello spartito ed un vero condottiero che ha stimolato e motivato in ogni modo i propri soldati. E’ forse mancata quella ‘fortuna’, se così vogliamo chiamarla, che spesso può fare la differenza tra una vittoria e una sconfitta.
NON E’ TUTTO ORO QUEL CHE LUCCICA
“Nuotavate nella merda” oppure “non c’erano neanche i palloni” sono solo due delle tante uscite pubbliche poco felici dell’esuberante, a dir poco, patron azzurro. Un uomo capace di gestire miliardi di euro con la stessa facilità con cui ha dato di matto. Una personalità unica nel suo genere che spesso è uscita fuori con delle scivolate che – anche se non opportune da parte di un presidente di un club come il Napoli – hanno sortito, in certi casi, un effetto positivo su una squadra unitasi sempre più intorno all’allenatore di turno.
In definitiva, De Laurentiis può essere amato oppure no, resta il fatto che la sua gestione oculata ha comunque portato dei risultati. ADL non ha, alle spalle, la forza che può avere Exor, Suning et similia. Non può permettersi di fare il passo più lungo della gamba. Quello del patron azzurro è un progetto a lunga scadenza, con una società che per forza di cose va autogestita. Un club, il suo, libero dalle catene dei debiti bancari e per questo motivo il più florido del nostro panorama calcistico. Se De Laurentiis ha ragione, se il progetto è davvero vincente, solo il tempo potrà dircelo.
A meno che il presidente non scelga la strada più facile: cedere. Con il Bari in Serie A, De Laurentiis non potrà mantenere legalmente il controllo di entrambi i club, e, a quel punto, dovrà prendere una decisione. La scelta che ne potrebbe scaturire è quella di decretare la fine del sodalizio con il Napoli, vendendo a terzi, e fare del Bari tutto ciò che il club azzurro è diventato. Molti tifosi partenopei se lo augurano, altri invece no. Anche in questo caso Aurelio è capace di dividere un popolo.
Chissà che non sia arrivato il momento di unirlo e mettere tutti d’accordo con un trofeo che, l’anno prossimo, mancherà da più di trent’anni. Questo, almeno, ce lo auguriamo tutti.
Nel bene o nel male, tanti auguri Presidente.