Approfondimenti
Il giorno in cui i tifosi della Lazio tolsero Signori dal mercato
L’11 giugno 1995 l’accordo tra Cragnotti e Tanzi era fatto, mancava la firma certo, ma tra soci in affare sembrava solo una formalità. Signori era stato venduto al Parma con una stretta di mano tra i due finanzieri. Un affare segreto che non sa nessun altro. Non lo sa Beppe che si trova in Brasile, in tournée, con i compagni di squadra. Soprattutto non lo sanno i tifosi della Lazio. Quando Cragnotti annuncia l’affare la città di Roma è ignara di quello che sta per succedere.
Siamo in piena epoca pre social ma se c’è una citta nel mondo in cui i mezzi di comunicazione di massa sono sempre esistiti quella è Roma. I social romani del tempo sono i bar, dove le prime pagine dei giornali con le parole del Patron troneggiano. Sono i mercati rionali, dove il chiacchericcio passa di bocca in bocca fino a confluire nello sterminato mondo delle radio locali che riprendono, rimbalzano, gonfiano. La notizia passa da riservata a di pubblico dominio in poche ore.
Inizia la processione di tifosi sotto la sede laziale dell’epoca, in via Novaro, fino ad arrivare sotto quella della Cragnotti and Partners in piazza Barberini. Lancio di pomodori, che simboleggiavano la Cirio del proprietario biancoceleste, e litri di latte rovesciato per protesta con la Parmalat di Tanzi. Scritte sui muri che recitano: “Per Signori faremo la guerra, Cragnotti attento. Curva Nord”.
L’araba fenice con la maglia numero 11
Cosa rappresenti Beppe per il tifo della Lazio a metà degli anni novanta è facile da spiegare: Signori rappresenta la rinascita, il bomber è l’incarnazione dell’araba fenice biancoceleste che risorge dalle ceneri di anni tribolati e si riprende la scena calcistica prima romana e poi nazionale. È l’eroe buono che fa impazzire tutti: i bambini che lo emulano chiedendo per regalo quella maglia con il numero 11 sulle spalle, gli adulti che finalmente trovano l’erede di Chinaglia e Giordano, i due grandi bomber della storia. Signori è Davide che batte Golia, perché quando parte palla al piede, cosi minuto e all’apparenza leggero, non c’è difensore che lo riesca a tenere. Beppe è il lembo di rete tra il palo e il sostegno della porta: quello è il suo marchio di fabbrica, lì novanta volte su cento muore il suo tiro. È un pallonetto sotto la neve del Conero di Ancona, è un destro, si destro per una volta, che sbuca dalla nebbia dei fumogeni di un derby.
Un Imprenditore Laziale
Tutto questo è Giuseppe Signori da Alzano Lombardo ma Cragnotti non lo sa. O meglio non lo può capire.
Perché è un imprenditore laziale e non un laziale imprenditore.
Vuole vincere e per farlo, usiamo un eufemismo, si venderebbe anche un parente, figuriamoci un calciatore.
La stessa operazione la farà anni dopo con Bobo Vieri: venduto per 90 miliardi all’Inter nel 1999 dopo solo una stagione. Arriverà lo scudetto e col sennò di poi magari anche con Signori avrebbe avuto ragione lui.
Ma non c’è nessun laziale, tra quei 4000 che scesero in piazza e non, che oggi direbbe: “Si, forse sarebbe stato meglio venderlo”.
Perché Beppe era il re laziale e al sovrano si giura fedeltà eterna.
Quello che non riusci ai tifosi della Fiorentina con Roberto Baggio fu fatto dai tifosi capitolini. Dopo un incontro di due ore con Cragnotti e Geronzi, prese la parola l’allenatore della Lazio Dino Zoff:
«Posso comunicarvi che Signori viene tolto dal mercato e rimarrà qui almeno fino al giugno ’98, secondo scadenza contrattuale».
Guai a chi tocca il Re
Per farvi capire meglio l’amore per Signori c’è una storia che ci viene in soccorso.
Nella Lazio che vinse lo scudetto nel 2000 c’era un giocatore che, a detta di molti , fu decisivo per la conquista del secondo tricolore: Roberto Mancini. Il Mancio porto alla causa laziale esperienza, classe e mentalità, fece compiere l’ultimo step all’aquila che cosi tanto vincerà in quel periodo.
Ma per il tifoso laziale, l’attuale ct della Nazionale, si porterà dietro un peccato originale difficile da cancellare: aver contribuito insieme all’allenatore del tempo, il grandissimo Sven Goran Erikson, a mandare via Signori da Roma. Chi era presente sugli spalti dell’Ernst Happel Stadio di Vienna, una fredda notte di novembre del 1997, si senti umiliato come il suo capitano costretto a scaldarsi per tutto il secondo tempo senza essere chiamato a scendere in campo. Quella fu la goccia che fece traboccare un vaso per lui già colmo. La inevitabile cessione di gennaio chiuse la sua carriera laziale ma non spense l’amore che a distanza di anni ancora gli viene dimostrato. Perché per il tifoso laziale ancora “Segna Sempre Lui”.