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ANGOLO DEL TIFOSO NAPOLI – Napule è… la mano aperta di Ospina che tiene vivo il sogno
Non è un giorno qualunque quello in cui si ricomincia a giocare a calcio dopo una pausa che, da oltre cinquant’anni, mai era stata così lunga.
E’ il 13 giugno 2020, è un sabato sera e – improvvisamente – in uno stadio senza pubblico (che pare contraddizione in termini), Napoli ed Inter si contendono la finale di Coppa Italia che, altra circostanza unica più che rara, si giocherà tra poco più di tre giorni.
Di pomeriggio ha piovuto, sufficientemente da creare una temperatura ideale per giocare a calcio ed ottime condizioni di un manto erboso invidiabile.
Sembra un’amichevole estiva, ma in realtà ci si gioca l’ingresso alla prima finale della stagione.
Primi minuti da incubo, caratterizzati – come spesso accaduto nel campionato anti-Covid – da errori, disattenzioni e… regali.
Il gol da angolo di Eriksen farebbe invidia ad una pellicola horror, tanta e tale è la bruttezza di un infortunio difensivo che nasce dalla malsana idea di non mettere neppure un uomo sul palo in occasione del corner.
Il Napoli di Gattuso va in finale di Coppa Italia grazie ad un gol facile facile di Mertens, ma la partita è stata decisa da Ospina (prodigioso con due parate a mano aperta ed un assist alla Reina, dopo un errore goffo sul gol), Maksimovic (monumentale diga vicino ad un Koulibaly in ripresa) ed Insigne (intelligente sul pareggio e poi prezioso nel palleggio e la costruzione di gioco).
Per tre mesi in tanti non hanno pensato minimamente al calcio ma, si sa, ci sono in giro tifosi che non vedevano l’ora di veder maglie azzurre svolazzare su un prato verde.
Da qui fino ai primi di agosto (ed anche dopo) ogni partita farà storia a sé, specie se saranno tutte – come sembra – senza tifosi.
Al San Paolo cogliere suoni e rumori dal campo ha consentito di captare le urla continue degli allenatori ed i richiami dei compagni, utili a comprendere che quando non c’è gente sugli spalti, conta ancora di più la testa, la determinazione, l’applicazione personale e di squadra.
Il Napoli di Gattuso è arrivato al lockdown in leggera ripresa, riconquistando fiducia e provando ad invertire la rotta risalendo la china.
La semifinale di ritorno di Coppa Italia con l’Inter ne è similitudine perfetta ed autentica.
Sconforto iniziale, presa di coscienza, difficoltà, ma poi dedizione, applicazione, recupero e… speranza.
E’ la sera di Nikola Maksimovic, apparso in forma smagliante ed autore di una prestazione da copertina, ma anche di Kalidou Koulibaly, sembrato a tratti l’insuperabile difensore di sempre, e di Dries Mertens, appannato in più occasioni, ma allo stesso tempo capace di diventare il più grande goleador della storia azzurra.
Non basta certamente un pareggio con gol (utile, in ogni caso, a giocarsi la finale mercoledì sera) a cambiare l’idea, le sorti e le prospettive, ma l’ottimismo della speranza, si sa, aiuta sempre a mettere da parte il pessimismo della ragione.
Da adesso in poi saranno tutte finali, ma mercoledì – come è noto – “finale” a gara unica lo sarà per davvero.
Karl Barth, teologo svizzero, ha scritto che “Nessuno può tornare indietro e ricominciare da capo, ma chiunque può andare avanti e decidere il finale”.
E’ arrivato il momento, finalmente, di capire se aveva davvero ragione.