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SENZA FRENI – Il funerale della Serie A

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Ogni anno, il due novembre, c’è l’usanza per i defunti andare al Cimitero. Ognuno deve fare questa gentilezza; ognuno deve avere questo pensiero.

Inizia così la famosa poesia del principe Antonio De Curtis ‘A livella.

La leggevo in questo giorni, amo il principe, e tra film e libri, ne ho passate di serate in sua compagnia. E proprio in questi giorni, ‘A livella mi ha dato l’ispirazione per trovare l’argomento giusto per la nostra rubrica SENZA FRENI. Soprattutto dopo le ultime giornate della nostra ‘amata’ Serie A.

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All’inizio di ogni stagione, da nove anni a questa parte, si spera sempre che il campionato possa regalare delle sorprese e che finalmente qualcuno riesca a far cadere dal trono la Juventus.

Ma, puntualmente, alla fine di ogni stagione la musica non cambia, anzi. La Vecchia Signora, come fosse il famoso due novembre della poesia di Totò, va a trovare i ‘defunti’ al cimitero.

Pochi gli anni in cui la Juve ha veramente rischiato di perdere: stagione 2011-2012 e stagione 2017-2018. Ma in entrambi i casi, la ‘fortuna’ ci ha messo lo zampino.

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‘QUEST’ANNO M’E’ CAPITATA UN’AVVENTURA…’ 

E’ l’avventura di due toscani, con due filosofie di vita e di calcio diverse. Uno ama l’ippica e pensa che alla fine basti il ‘muso corto’ per portare a casa la vittoria. L’altro, ex banchiere, è più filosofo, e della bellezza ha fatto il suo marchio di fabbrica. Uno alla guida della corazzata Juventus, l’altro alla guida di un sogno: il Napoli.

L’epilogo di questa storia vede trionfare il cinismo e la grande bellezza resta come la ‘Bella di Torriglia’. Ma, prima del gran finale, il racconto ci ha spesso deliziato con ricchi colpi di scena. O colpi di testa. Come il re magio Baldassare Koulibaly che portò in dono un pezzo di vittoria.

Ma poi arrivano i cattivi di questa storia: l’uomo nero e l’uomo pelato. Il primo chiuse un occhio su un giocatore che veniva dalla bosnia, l’altro gli occhi li chiuse entrambi e si affidò ad un Santon-e che si dimostrò un ‘patacca’. E quel famoso pezzo di vittoria raggiunto la settimana prima si smarri’ in un noto albergo fiorentino.

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La leggenda narra che quella reliquia sia ancora nascosta nelle stanze segrete di quell’albergo e che ogni anno arrivino persone da tutto il mondo per cercare la gloria.

‘OGNI ANNO, PUNTUALMENTE, IN QUESTO GIORNO, DI QUESTA E TRISTE E MESTA RICORRENZA…’

“Abbiamo bisogno di sentire il profumo del passato per dare il giusto valore al presente.” E pensando ai tempi in cui vincere un campionato, o almeno provare a farlo, era gioia per tutti, un magone di tristezza, mentre la Juventus si avvia a vincere il suo nono titolo consecutivo, mi prende allo stomaco.

Ormai la Serie A è sinonimo di banalità. Ogni anno si cerca di abbellire un qualcosa che, in fondo, è brutto da ormai nove anni. Lo strapotere bianconero è disarmante, le altre ci provano, ma alla fine arrancano e si arrendono.

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E come se non bastasse, quest’anno, quando di giornate ne mancano sette, i verdetti sono quasi tutti andati.

I posti Champions sono stati assegnati, il Napoli, vincitore della Coppa Italia, è sicuro di un posto in Europa League. Un altro paio di squadre lottano, ma nemmeno troppo, per quei posti liberi che li porterebbero a giocare una competizione puntualmente poi snobbata.

La lotta retrocessione vede una Spal condannata, un Brescia moribondo, e l’accoppiata Lecce e Genoa che, forse, annoiata da questo campionato, hanno deciso di allungare l’agonia dei tifosi per dare ancora un briciolo di interesse ad una stagione che, tra pre e post Covid, è stata forse la più brutta di sempre.

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Intanto la Juventus, salvo suicidi di massa, sta per infilare la nona sinfonia. I tifosi guardano con saccenza i loro avversi.

Però, tifoso ‘perdente’ stammi a sentire…non fare il restio, sopportali da vicino – che t’importa?
Queste pagliacciate le fanno solo i vivi:
noi siamo seri… apparteniamo alla morte, della SERIE A!”

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